venerdì 9 dicembre 2011

A Natale puoi... vestirti con classe!

Ma chi lo dice che a Natale siamo tutti più buoni? Ufficialmente è iniziata la guerra dei viral natalizi per i più importanti brand internazionali, e se Bergdorf Goodman fa leva sul buonismo made in USA (come vi ho mostrato in questo post), il cuginetto anglosassone Harvey Nichols, department store meno conosciuto ma non meno stiloso di Harrods o Selfridges, risponde seguendo la scia del ben noto humor inglese. Qual'è la situazione più terribile che può capitare durante il periodo delle feste? Vestirsi in maniera inadeguata, ovvio. Specialmente se ci si ritrova a vagare alle prime luci dell'alba lungo le strade di una città che si sta svegliando, mentre tu sei di ritorno da una mega festa, con i capelli ormai in disordine, il trucco inevitabilmente sfatto e il tuo corpo che esige assolutamente un letto. Ecco allora una serie di piccoli mostri che affollano le strade: ragazze di tutte le età e le taglie, avvolte e strizzate in improbabili tubini leopardati o top color lingotto, mentre continuano incessantemente a tirare giù l'orlo del vestito o, viceversa, tirar su il bordino della scollatura.






 La scena è a dir poco sconvolgente, perchè incredibilmente reale: chi di noi non si è mai trovata a combattere con un vestito che abbiamo desiderato, comprato, indossato con tutte le nostre forze e che, inevitabilmente, non si adattava bene al nostro corpo? Un problema che sembra non affliggere la splendida creatura che leggiadra attraversa la strada alla fine del video e si infila deliziosa nel portone di casa (con il trucco perfetto e i capelli ordinati, soffici e vaporosi ovviamente!)...


aldilà della mia palese invidia per la ragazza-giunco, è evidente l'invito lanciato in questo viral: ragazze, basta vestirvi da showgirl dalla dubbia eleganza! Basta con l'ammirazione sfrenata nei confronti di Moira Orfei, di cui emulate trucco e mise! Non è semplicemente un discorso di fisico, di chi può permettersi certi modelli e chi no: certe proposte del fashion system dovrebbero restare, appunto, delle proposte e non essere adottate in alcun modo. Ma da quando i vestiti che si vedono in giro ultimamente (e con le feste natalizie imminenti i negozi sono pronti a sfornare tripudi di paillettes e ricami decisamente improbabili) possono essere davvero definiti tali? Il vestito dovrebbe per definizione stessa "vestire", ossia avere stoffa in quantità sufficiente per coprire l'intero corpo, non dal busto fino al sotto-chiappa!


Dovrebbero, che ne so, fissare dei parametri per la terminologia dei capi, per cui se arriva ad un tot di centimetri sopra il ginocchio (pochi) od un tot sotto il sedere (tanti) può essere chiamato vestito, altrimenti è e resterà sempre una maglia, e così va considerata e indossata di conseguenza!
Comunque sia, la situazione per noi comuni mortali non è delle più rosee, soprattutto perchè per vestirsi con gusto e classe, secondo i buyer di questi department store, devi minimo poter attingere a risorse economiche non indifferenti...date un' occhiata all'outfit proposto da Harvey Nichols


'nsomma... peccato che il mio fegato non sia in condizioni eccellenti ( per via del rosicamento nei confronti della ragazza-giunco), altrimenti avrei già provveduto a piazzarlo sul mercato nero per pagarmi questo splendido ed esorbitante outfit! Tuttavia, visto che i retailer del fast-fashion ci fanno sì delle proposte indecenti, ma possono offrire anche spunti interessanti, ecco qui la mia personalissima proposta per gli innumerevoli party natalizi che vi aspettano...no, non mi sto riferendo alla mega-tombolata con tutti i parenti, compresi i cugini fino al 5°grado ufficialmente riconosciuto..

Dopo avervi fornito la mia personalissima soluzione cheap, resta un unico interrogativo...

Ma perchè le inglesi non indossano mai il cappotto? Che ragazze coriacee!

venerdì 2 dicembre 2011

Nuova collaborazione: Marni for H&M

Ci risiamo: neanche il tempo di riprendermi dalla botta della capsule collection Versace for H&M, che seriamente mi aveva fatto temere di arrendermi ad un inverno fatto di squillanti stampe caraibiche e tubini in pelle e borchie di dubbia eleganza, ed ecco che subito il colosso svedese mi cala il punto così (perdonate il linguaggio tecnico da giocatrice d'azzardo, le feste s'avvicinano e con esse le infinite veglie fatte di pocker, black jack e sette e mezzo), con una sublime, almeno a quanto sembra, collezione firmata da Marni, in vendita dall' 8 marzo 2012 in 260 negozi  H&M nel mondo e online.

Marni for H&M (via D. repubblica.it)


Stampe geometriche d'ispirazione Bahaus e colorati motivi tribali, che ricordano l'Africa più calda e nera che c'è: questi i temi della capsule collection, che comprende una linea donna, una linea uomo e anche una (io spero nutrita) sezione bijoux e accessori, per la gioia di tutte le amanti del marchio creato nel 1994 dalla svizzera Consuelo Castiglioni e piazzato subito ai primi post nelle wishlist delle più eleganti appassionate di moda.
"Volevo creare un vero guardaroba Marni per H&M rivisitando tutti i nostri pezzi preferiti" rivela così la stilista, che nel 2006 ha lanciato anche un' e-store, in collaborazione con Yoox, garantendosi così un aumento dei ricavi del 15% nel 2008.
In attesa di carpire immagini più dettagliate, posso sicuramente ammettere che, per questa linea, davvero correrei il rischio di passare la notte fuori dal negozio, in attesa dell'apertura: per Jimmy Choo manco mi sono accostata, Lanvin ,a parte qualche bijoux e maglietta, era delizioso ma poco portabile per me (e quando l'avrei indossata quella goduria gialla con la mega ruche?).. l'ultimo acchiappo che ricordo è la collezione Matthew Williamson, snobbata non si sa perchè dalle fashion victim, di cui sfoggio ancora orgogliosa il golfino fucsia con il ricamo-pavone e il bikini con stampa-mi-ricorda-tanto-Pucci. Quindi dopo il flop di Versace (e io ho provato pure ad ingentilire i leggins su Polyvore!) non posso che programmare una precisa tattica di guerra, con la speranza che il supermegestore appena inaugurato a Napoli sia uno dei punti vendita selezionati... finger cross!

Al di là delle mie strategie di guerriglia urbana, l'interrogativo che mi pongo è un altro: ma cosa spinge un marchio come Marni a stringere un accordo con un colosso del fast-fashion come H&M? E perchè H&M tra tutti sceglie Marni? Al di là di un discorso di vendite e di attirare le fasce di consumatori più giovani, forse bisogna guardare oltre: il gruppo svedese si garantisce  un corposo database di schizzi, disegni, bozzetti e modelli (perchè, se devono produrre, da qualche parte dovranno pure attingere no?) e questo va tutto a vantaggio delle competenze e skills di produzione e design... e chissà, magari in collezioni successive, vedremo un tripudio di stampe like Marni (piccola digressione: ma li avete notati i dress H&M della scorsa collezione diciamo glamour, quelli con il targhettino oro? Con pieghette, ruches, colori forti... li ho trovati molto simili a quelli di monsieur Lanvin). D'altra parte, Marni oltre a veicolare la propria brand identity ai consumatori più giovani, utilizza il traino H&M per farsi conoscere all'estero: le vendite al di là dei confini italiani costituiscono infatti l'80% circa del fatturato, e il Giappone viene considerato un mercato ben consolidato ormai... toh, ma circa un mesetto fa  H&M ha aperto un negozio a Fukuoka, uscendo così dai confini della prefettura di Tokyo...solo coincidenze?

il co-branding secondo stiletto&puparuoli

Il co-branding così, porta vantaggi ad entrambi, e non solo a livello di immagine. Quello che si spera è che porti vantaggi anche ai consumatori. L'esperienza Versace, con tubini di pelle che hanno raggiunto quota 200 euro e passa (!!!) è emblematica; se H&M ha un certo posizionamento sul mercato dal punto di vista dei prezzi, non può scostarsi troppo da quest'ultimo: per quanto il capo sia disegnato da una matita very glamour, resta comunque un prodotto di cui la qualità non è certamente il punto forte, ed è giusto che mantenga un prezzo adeguato.. il jeans di Roberto Cavalli for H&M, per esempio, (bei tempi di una volta..) lo pagai credo 50-60 euro, leggermente in più rispetto al prezzo medio di un jeans H&M, ma comunque in linea con la strategia di vendita praticata.

Inoltre, se i prezzi aumentano, dove va a finire il principio di democraticità della moda, tanto osannato dai sostenitori del fast-fashion? Il rischio, per il retailer, è che l'arma della capsule-collection gli si ritorca contro, facendogli perdere appeal sul mercato, oppure peggio, di abituare il consumatore a tale formula, determinando una perdita di interesse verso il prodotto. Abbastanza difficile, visto il tam-tam mediatico che puntualmente si scatena dopo ogni lancio, unito agli accampamenti fuori ai negozi, alle corse e risse che si scatenano durante il giorno previsto di vendita.

Di sicuro, si è perso quell'aspetto di novità e rischio che c'era dietro ad operazioni del genere: chiunque potrebbe e (probabilmente vorrebbe) disegnare una collezione per H&M. Maestro e sperimentatore per eccellenza fu in origine Karl Lagerfield: se non fosse stato per lui, che ha aperto la strada a tale esperienza di co-branding, probabilmente adesso non starei qui a progettare un piano di azione, utilizzando i carri armati del Risiko, allo scopo di agguantare almeno un esemplare della collezione... e di questo non posso che ringraziare monsieur Karl.
E  adesso sbirciate con me nella video-presentazione della capsule collection: io sono letteralmente impazzita per i bracciali! Voi invece, su cosa avete messo gli occhi?



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